Lino Patruno
Nacque in Calabria, e precisamente a Crotone, nel 1935 trasferendosi in giovane età a Milano, dove intraprese lo studio della chitarra. Nel capoluogo lombardo, fulcro del movimento jazzistico italiano, iniziò ad esibirsi nel 1954, fondando alcune band attive nella città meneghina.
Nel 1964, assieme agli amici Nanni Svampa, Roberto Brivio e Gianni Magni, darà vita al Teatrino dei Gufi, formazione antesignana del futuro nucleo de I Gufi.
Scioltosi il gruppo, Patruno proseguì nella collaborazione con Svampa, dedicandosi al teatro e all’incisione di dischi jazz in compagnia di alcuni dei maggiori musicisti mondiali, come Albert Nicholas, Joe Venuti, Bill Coleman, Wingy Manone ed altri.
Nel 1977 prese parte alla trasmissione televisiva Portobello, condotta da Enzo Tortora su Raidue.
Nanni Svampa nasce a pochi anni dal conflitto mondiale, a Porta Venezia, uno degli antichi ingressi della Milano medievale ancora esistenti. Era zona popolare, abitata da operai e impiegati, che vivevano a continuo contatto nelle case di ringhiera, abitazioni che si affacciavano su un cortile comune e in comune dividevano anche la vita quotidiana. Questa formazione popolana verrà rafforzata dallo scoppio del conflitto. Trasferitosi come sfollato a Porto Valtravaglia, piccolo comune in provincia di Varese ed adagiato sulle sponde del Lago Maggiore, crescerà in un mondo ancora rurale e provinciale, che molto influirà nel suo futuro artistico.
Dopo la maturità scientifica, Svampa, consigliato e convinto dal padre, si iscrive alla Bocconi, dove si laureerà in Economia e commercio. L’esperienza maturata nella ricerca di un primo impiego confacente alle volontà paterne gli ispirò la canzone “Io vado in banca“, portata poi al successo nella cabarettistica interpretazione de I Gufi.
Durante il periodo universitario, nel 1959, si avvicina al mondo musicale, fondando, e partecipando come voce e chitarra, il complesso de I soliti Idioti. La natura goliardica delle prime avventure sul palco subiscono un arresto nel 1960, quando Svampa inizia ad ascoltare e ad apprezzare le interpretazioni di Georges Brassens. Nel 1961, arruolato nel servizio di leva, con il tempo a disposizione, inizia a tradurre Brassens, dal francese al dialetto milanese. Questo esercizio continuo di apprendimento delle espressioni dialettali, lo avvicinerà molto alle canzoni popolari e alle tradizioni musicali lombarde.
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